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Il fear appeal in pubblicità: spaventare per vendere

Il fear appeal

è una tecnica pubblicitaria che parla al destinatario attraverso il filtro della paura. Di esempi in tv e tra gli scaffali ne esistono tanti e i toni spaziano dagli ironici ai più forti. Che ci faccia da grillo parlante o che assecondi le nostre peggiori fobie una cosa è certa: per farsi ascoltare deve prima destabilizzarci.

Ogni messaggio pubblicitario sfrutta una leva (o, come si dice in gergo anglosassone, un appeal) per fare presa su di noi e convincerci a comprare. Il fear appeal è una tecnica pubblicitaria che fa leva sulla paura per mettere in evidenza la necessità di un prodotto o di un servizio.

Generalmente funziona così: viene proposta una situazione negativa, che potrebbe essere risolta o addirittura completamente evitata grazie all’uso del prodotto x o ricorrendo al servizio y. Questo artificio rompe un equilibrio, perché va a minare la tranquillità del destinatario e fa scattare in lui il bisogno di possedere quel prodotto o usufruire di quel servizio per ritornare allo stato di sicurezza iniziale.

Ci sono categorie merceologiche in cui il fear appeal funziona più che in altre ed hanno a che fare con dei nodi cruciali del vivere quotidiano: alimentazione, igiene, rispetto per l’ambiente, sicurezza e invecchiamento.
All’interno di questa stessa cifra stilistica esistono diverse intensità: si può alludere ad una paura con ironia oppure in modo diretto e forte, anche troppo.

Ecco alcuni esempi che mi sono saltati in mente.

Autan antitarme del cibo – il disgusto

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Fotogramma dello spot Autan antitarme del cibo

“Io non ho mai visto nulla di niente… Ma posso fare una prova.”
La protagonista di questo spot è una donna qualsiasi, parla con tono confidenziale quasi cercando supporto al di là dello schermo; lei (come noi) non ha mai visto le famigerate “tarme del cibo” che il prodotto sa catturare in modo così efficace. Sperimenta tutto sotto i nostri occhi, al punto che la sua reazione diventa la nostra: le tarme attaccate alla pellicola sono decisamente disgustose, sembrano tanti piccoli grilli.

Era quasi meglio quando non sapevamo che esistessero (soprattutto se il prodotto non è risolutivo, come trasparirebbe da queste dichiarazioni – non verificabili ma facilmente reperibili in rete).

Tonno Coop – l’effetto boomerang

Non uno spot tv ma un messaggio da scaffale del supermercato, un’informazione presente direttamente nel packaging del prodotto: la dicitura “dolphin safe”, nata per rassicurare i consumatori che hanno a cuore temi ambientali come l’equilibrio dell’ecosistema e la pesca sostenibile, per un consumatore che prima di allora non si è posto interrogativi etici può trasformarsi in un boomerang:

se in queste scatolette di tonno non c’è del delfino, in quelle della concorrenza potrebbe esserci? E per quale motivo, se sulla scatola c’è scritto tonno, dentro dovrebbe esserci del delfino? Ma allora cosa sto mangiando da una vita a questa parte?

Grazie dell’informazione, ma anche della successiva psicosi.

Swiffer – igiene da ridere

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Fotogramma tratto dallo spot scopa Swiffer e Swiffer Duster XXL (2014)

“Tu hai bellissimi capelli… LUI ha bellissimi capelli…”
La paura della mancanza d’igiene si concretizza in questo spot in un nemico da sconfiggere: un cumulo di polvere con in testa una parrucca bionda di capelli e peli di cane. Un personaggio non proprio piacevolissimo per lo stomaco ma che per lo meno viene reso divertente grazie all’animazione: un piccolo esercito di cugini Itt in versione platinata invade la casa della protagonista; lei, per niente spaventata, li spinge fuori dalla porta di casa grazie al prodotto. Fastidio iniziale a parte, c’è un problema e una soluzione rapida e efficace.

Axa – potrebbe succedere anche a te

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Fotogramma tratto da uno degli spot della campagna Axa “nati per proteggere” (2014)

Si parte in medias res, con un incidente già avvenuto o che si manifesta in tempo reale: l’esempio riportato riguarda una ragazza incinta punta da uno scorpione mentre è in viaggio che viene trasportata via d’urgenza. La paura scatta perché la situazione di pericolo è plausibile e non vediamo una soluzione pienamente realizzata: la tensione si scioglie solo in parte, la voce narrante del consulente infatti ci dice soltanto che “Il bambino non ha avuto problemi e neanche la madre” ma la scena della corsa in ambulanza e di lei sdraiata sul lettino fradicia di sudore sono tutto fuorché rassicuranti. Da non trascurare inoltre la didascalia ad inizio spot, che recita chiaramente “basato su una storia vera”.
L’unica certezza che abbiamo è che anche in situazioni estreme come queste c’è un assicuratore esperto a cui potersi rivolgere e lo scopo, in fondo, è proprio quello: far sì che dopo lo spot ci si mobiliti per avere ulteriori informazioni.
In ogni caso, scongiuri a manetta.

Fondazione ANIA – la dura realtà

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Fotogramma tratto dallo spot “non uccidere” della Fondazione Ania (2014)

Ben poco da aggiungere a quanto c’è nel video. L’intento è chiaro: dare uno scossone a chi si comporta in modo irresponsabile quando è alla guida di un mezzo mostrando le estreme conseguenze; né più, né meno. Questo spot non promuove un servizio ma agisce da pubblicità progresso, dando un ammonimento preventivo di tipo morale. È efficace? Sicuramente impressiona.

Nivea Q10 – un sottile strato di paura

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Fotogramma tratto dallo spot Nivea Q10 energizzante (2013)

Finiamo con un sorriso. Invecchiare non fa piacere a nessuno ma, dato che è un processo biologico inevitabile, non è il caso di calcare la mano; lo ha capito Nivea, che in questo spot mostra una donna sui 35-40 anni dalla “doppia vita” inimmaginabile, la cui fatica non traspare dalla pelle luminosa, giovane e senza imperfezioni. I geni della protagonista ci avranno messo di certo lo zampino ma in ogni caso la pubblicità non ci trasmette l’idea che, per non avere segni sul viso, dobbiamo sforzarci il meno possibile e andare a dormire alle nove di sera. Anzi: tra lei e chi la guarda scatta un meccanismo di complicità. È come se lei dicesse: “anche tu hai due figli che ti fanno venire i capelli bianchi, ore di sonno arretrato e un mucchio di cose da fare, vero? Se usiamo questo prodotto rimarrà il nostro piccolo segreto”.

Alimentazione, igiene, rispetto per l’ambiente, sicurezza, invecchiamento: una parola-ombrello che raggruppa queste cinque macroaree è il termine salute. Per star bene, infatti, ci si prende cura della propria persona a tutto tondo: si conduce uno stile di vita sano, si vive in un ambiente salubre, si contribuisce a mantenerlo tale, si evitano comportamenti nocivi o pericolosi.

Qual è quindi il lato positivo del fear appeal? Ricordarci attraverso prodotti e servizi i modi in cui possiamo mantenerci in salute. Quello negativo è facile da immaginare: ipocondriaci, soggetti particolarmente ansiosi o con manie legate all’igiene possono trovare in messaggi del genere un facile appiglio per non invertire le loro tendenze, a tutto vantaggio di questo o quel marchio.

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